Tornando dal bar il personaggio narratore (un ubriacone? un povero cristo qualunque?) racconta a Pietro, col quale divide un monolocale, i prodigi ai quali ha assistito. Nulla di inspiegabile, ma proprio per questo straordinario. I prodigi della solidarietà tra gli umili. Della vecchia che insegna alla prostituta che per il sapere e la cultura non serve il denaro, che i libri nelle biblioteche sono gratis e che anche i musei un giorno al mese aprono le porte ai nullatenenti. Ed è proprio il più povero, il barbone, che in questa storia dorme nel parcheggio di un supermercato, a cucire insieme tutti i destini. L’ultimo tra gli ultimi. L’unico che nemmeno parla. Ma anche quello che, sopravvissuto alla traversata del deserto e del mare, è finito in quel mondo sotterraneo del lavoro che produce per tutti, ma che non è visibile a nessuno. Infatti LAIKA è soprattutto questo: un piazzale nel quale si incontrano la fatica e l’umiliazione del lavoro, la rabbia e la solidarietà di chi non ha nulla da perdere e per questo riesce ad alzare la testa.